Molti decenni sono ormai trascorsi dal tempo della individuazione e delle prime ricerche condotte sui resti archeologici sommersi, ubicati lungo le coste dei Campi Flegrei. Le singolari circostanze della loro conservazione, dovute al bradisismo, possono considerarsi un fortunato evento, che il passato ha riservato a noi contemporanei, tanto da rendere questo comprensorio un laboratorio privilegiato della ricerca archeologica subacquea. In anni recenti, poi, l’incremento dato alla ricerca scientifica moderna in area Flegrea, iniziata, com’è noto, a Baia, ha avuto un enorme sviluppo, dovuto spesso sia alle esigenze delle attività antropiche connesse al mare, sia a quelle della tutela a seguito di fortuiti rinvenimenti e scoperte, al punto da convincere finalmente, con l’evidenza dei fatti, non solo gli studiosi, ove ve ne fosse stato bisogno, ma anche i politici, che l’intera questione va correttamente valutata non solo sotto l’aspetto della scoperta spettacolare, ma anche e soprattutto sotto quello dello studio della topografia antica, su scala, peraltro, molto vasta: da Mergellina e Posillipo a Cuma, alle isole di Ischia e Procida, e di qui, valicando i limiti del comprensorio flegreo, alle altre coste e isole del Golfo di Napoli, dove la sommersione della costa antica e delle strutture archeologiche originariamente emergenti è dovuta a cause geologiche non connesse solo al bradisismo. È ciò, che ha messo giustamente in luce, per la prima volta in area flegrea, il Convegno internazionale di archeologia subacquea Forma Maris, svoltosi a Pozzuoli nel Settembre 1998, al quale hanno partecipato studiosi dei settori interessati, che da tempo operano sul campo, con ricerche nuove ed originali, che permettono di fare il punto sulla situazione, gettando, si spera, un ponte verso il futuro: i siti archeologici subacquei, testimonianza storica di un passato denso di eventi, sono, infatti, una potenziale risorsa del comprensorio flegreo, che da tempo fonda parte non indifferente della propria economia sul turismo e che su quello culturale intravede oggi un aspetto del tutto nuovo e accattivante, anche in area subacquea, visti il notevole sviluppo avuto dalle attività di diving in tempi recenti, la possibilità , sempre più frequente, di disporre di imbarcazioni a fondo trasparente, per consentire, a chi non pratichi attività subacquee, di fruire ugualmente beni archeologici altrimenti negati, e l’interesse sempre crescente e mai sopito dell’opinione pubblica verso questi beni, alimentato anche dai media. Sono, a questo punto, maturi i tempi per la creazione di parchi e aree archeologiche subacquei, un primo nucleo dei quali è stato già allestito nelle acque di Baia, tanto attesi, quanto problematici da gestire, ma necessari per la tutela e la salvaguardia del patrimonio archeologico. Il Convegno ha avuto poi anche un altro merito: quello di avere posto meritoriamente l’archeologia subacquea dei Campi Flegrei all’attenzione internazionale, considerata la partecipazione di studiosi italiani e stranieri, che hanno relazionato su altri siti delle coste italiane e del Mediterraneo più vicine a noi. Non resta quindi altro da auspicare che altri Convegni seguano a questo primo, per ampliare e approfondire la moderna conoscenza dei siti sommersi e per contemperare la migliore convivenza tra passato e presente.