Dopo la scoperta del passaggio a Sud-Est (Vasco da Gama, 1498) e di quello a Sud-Ovest (Magellano, 1521-2), la perdurante suggestione dell'Oriente congiunta al potenziamento degli scambi commerciali, fu all'origine della ricerca di un passaggio a Nord-Est che consentisse alle navi di raggiungere la Cina costeggiando la Moscovia. Nel corso delle estati del 1594, 1595 e 1596, navi armate da Olanda, Zelandia e dalla città di Amsterdam, con Willem Barentsz e - limitatamente ai due ultimi viaggi - Gerrit de Veer a bordo, si spinsero fino alla Novaja Zemlja e all'isola di Vajgac. Alla fine d'agosto del 1596 la nave di Barentsz rimase imprigionata nella morsa dei ghiacci sulla costa nord-orientale della Novaja Zemlja. Costretti a sbarcare, gli uomini si rassegnarono a trascorrere l'inverno a quelle latitudini. Trasferirono a terra il carico del vascello, misero al sicuro le scialuppe, costruirono una baracca, accatastarono il legname sospinto dalla corrente e poi affrontarono i lunghi mesi delle tenebre artiche, del gelo, delle bufere di neve, e l'assedio degli orsi, le visite provvidenziali delle volpi, che fornivano carne e pellicce. Il resoconto di questa terza esperienza, l'ossessionante monotonia della reclusione sotto montagne di neve sferzate dal vento e il periglioso viaggio di ritorno pilotando le scialuppe tra lastroni galleggianti, costituisce la testimonianza di un epopea che ha rari riscontri nella storia dell'audacia umana. Un'epopea, si badi bene, rappresa in moduli espressivi un po' rigidi, dettati dall'esigenza di informare le amministrazioni cittadine e i ceti mercantili più che da ambizioni letterarie o da gusto per l'avventura. Ma la pazienza, la disciplina, la pietà religiosa, la tempra insomma di quei remoti e oscuri naviganti affiorano comunque dalla narrazione, che nel suo progredire si fa meno didascalica e più corposa, soggiogata dalla drammaticità dell'evento.
Data pubblicazione
01/11/1996