Capre cavoli e salsicce

le risorse economiche della Lucania romana

Capre cavoli e salsicce

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La Greca Fernando


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Nel 70 a.C., Cicerone ha l’occasione di ammirare, nel porto di Velia, probabilmente ancorata in un porto alla foce dell’Alento, una bellissima nave da carico, grande quanto una trireme da guerra. È la nave che i Messinesi hanno costruito per Verre, governatore uscente della Sicilia. Perfettamente equipaggiata, essa nasconde al suo interno oggetti preziosi ed opere d’arte, frutto delle ruberie di Verre in Sicilia, e sembra quasi attendere il padrone, pronta alla fuga.  Cicerone è diretto verso Roma, per assistere i Siciliani nel processo contro Verre. La vista della nave suscita in lui alcune considerazioni. Verre si era procurato una simile nave contro la legge, sia perché aveva violato le disposizioni del 218 a.C. che impedivano ai senatori di possedere navi con più di 300 anfore di carico, sia perché essa stessa frutto delle sue malversazioni in Sicilia. Cosa avrebbero pensato, coloro che vedevano la nave? Che Verre, tornato a Roma, si sarebbe dedicato ai trasporti marittimi? Non era ammissibile, in quanto attività non lecita per i senatori. Per lo stesso motivo, non si poteva pensare che Verre possedesse in Italia un fondo lungo la costa, e che la nave da carico fosse utilizzata per trasportarne i prodotti agricoli. Dunque, il ricordo della nave di Verre a Velia suscita, in Cicerone, e non a caso, l’immagine di navi simili che trasportavano la produzione agricola delle ville situate lungo la costa. La nave in questione, un grande cargo, carico di tesori predati in Sicilia, ma all’insaputa di tutti tranne che dei ben informati come Cicerone, viene lasciato nel porto di Velia da Verre, che poi prosegue per Roma verosimilmente con un’altra nave, se non per via di terra. Così, a Velia, nonostante la sua grandezza, la nave poteva confondersi fra le altre navi da carico, che dovevano essere numerose nel porto. È noto che, fin dai tempi della fondazione, gli abitanti di Elea-Velia si caratterizzavano come navigatori e commercianti, e percorrevano con le loro navi tutto il Mediterraneo; anche in epoca romana troviamo mercanti di Velia nei mercati orientali, a Delo, e perfino sulla strada dell’India. La necessità di navi di grandi dimensioni per trasportare le derrate agricole sottolinea significativamente la ricchezza produttiva del territorio lucano di Velia e Paestum nel I sec. a.C.: in quel periodo vi erano numerose ville litoranee lungo la costa del Cilento, fra Paestum e Sapri; altre erano situate all’interno lungo le principali vie di comunicazione e lungo i fiumi navigabili. Vere e proprie aziende agricole, con annesse manifatture per la lavorazione e la trasformazione dei prodotti, le ville rustiche romane possono essere paragonate alle moderne fabbriche o industrie; il loro fine primario era il profitto, realizzato mediante l’utilizzo di lavoratori-schiavi, la specializzazione produttiva (olio, vino, frutta, ortaggi, carni, lana, formaggi, tessuti, legno, laterizi, ecc.) e la vendita di questi prodotti sui mercati mediterranei. Solitamente alle aziende agricole era associata anche l’attività di trasporto e di smercio dei prodotti del fondo proprio (ed altrui), mediante navi da carico…
Ean / Isbn
978889979634
Pagine
248
Data pubblicazione
17/10/2017