Corbo Pasquale, Liguori Mignano Vera
La crescita della città nel secolo XV si verifica quando si realizza un clima di collaborazione tra mercanti, finanzieri, principi»: così lo storico del Mediterraneo Fernand Braudel in "Espansione europea e capitalismo". È quel che si registra per l'appunto nella Gaeta del Tardo Medioevo, in quella città-stato che si è assicurata autonomia amministrativa, giurisdizionale, fiscale, pur se pienamente inserita nel Regno del Sud. Autonomia che le ha consentito di sviluppare nel migliore dei modi quei commerci sul mare che furono la costante della sua vita civile, politica, economica. Lo avevano presto compreso i primi abitanti del piccolo borgo, sorto a fine VI secolo sull'estrema propaggine del monte a picco sul mare, in fuga da Longo-bardi, prima, e Saraceni, dopo. E Gaeta, cerniera tra Nord e Sud d'Italia, diviene abile e ardita sul mare, forte e sicura per la sua intrepida marineria. Mercanti-naviganti si lanciano sulle rotte più frequentate del Mediterraneo, del Mare di Levante, del Mar Nero e poi anche del Mar del Nord a tessere una fitta rete di scambi vitali di merci e pro-dotti, ma anche di esperienze e culture diverse. Su quelle rotte s'incontrano - e talora si scontrano - popoli prima sconosciuti tra loro, guidati da una medesima schiera di "conquistadores" con le armi nuove e pacifiche della lettera di cambio, la partita doppia, la stabilità monetaria. Tra essi, anche i mercanti di Gaeta, sostenuti da adeguate strutture del porto, da Istituzioni autonome, da privilegi concessi dai sovrani del Meridione, a costituire un "mercato comune europeo" più vasto di quello attuale.