Quando gli immigrati eravamo noi, espatriavamo illegalmente a centinaia di migliaia, ci linciavano come ladri di posti di lavoro, ci accusavano di essere tutti mafiosi e criminali. Quando gli immigrati eravamo noi, vendevamo i nostri bambini agli orchi girovaghi, gestivamo la tratta delle bianche, seminavamo il terrore anarchico ammazzando capi di Stato e poveri passanti ed eravamo così sporchi che ci era interdetta la sala d’aspetto di terza classe. Quando gli immigrati eravamo noi, ci pesavano addosso secoli di fame, ignoranza, stereotipi infamanti. Quando gli immigrati eravamo noi, era solo ieri. In questo affresco, aggiornato e rivisto anche nel sottotitolo perché gli “albanesi” presi allora a modello dei pregiudizi razzisti si sono poi inseriti meglio di altri dimostrando quanto questi pregiudizi possano essere sbagliati, Gian Antonio Stella ricostruisce con fatti, personaggi, avventure, documenti, aneddoti, storie ignote, ridicole o sconvolgenti, l’altra faccia della grande emigrazione italiana. Quella che meglio dovremmo conoscere proprio per capire, rispettare e amare ancora di più i nostri nonni, padri e madri, spesso “perdenti” che partirono. Quella che abbiamo rimosso scegliendo di ricordare solo gli “zii d’America” arricchiti e vincenti. Una scelta fatta per raccontare a noi stessi, in questi anni di confronto con le “orde” di immigrati in Italia e di montante xenofobia, che quando eravamo noi gli immigrati degli altri, eravamo “diversi”. Eravamo più amati. Eravamo “migliori”. Non è esattamente così.
Data pubblicazione
01/12/2002