Relazione del primo viaggio attorno al mondo

Relazione del primo viaggio attorno al mondo

Pigafetta Antonio


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La prima circumnavigazione del globo, compiuta da una spedizione del Re di Spagna Carlo I, capitanata dal portoghese Ferdinando Magellano, e dopo la sua morte da Juan Sebastian Elcano, è una delle più grandi imprese della storia della navigazione, sebbene il prezzo pagato per portarla a termine sia stato assai oneroso: delle cinque navi salpate da Siviglia il 10 agosto 1519, solo due tornarono in Spagna, la Victoria, dopo oltre tre anni, e la Trinidad, dopo circa sei (quest’ultima peraltro senza compiere la circumnavigazione, avendo preferito, una volta giunti alle Molucche, ritornare in patria passando dal Pacifico anziché dall’Oceano Indiano); dei 234 uomini partiti, solo 36 sopravvissero all’estenuante viaggio. Tra di essi vi era Antonio Pigafetta, nobile vicentino, Cavaliere di Rodi, che si trovava in Spagna nel 1519 quando seppe della spedizione di Magellano, sulla quale riuscì ad imbarcarsi grazie alla raccomandazione del nunzio pontificio che lo stesso Pigafetta accompagnava: “(…) deliberai, con bona grazia de la maestà cesarea e del prefato signor mio, far esperienzia di me e andare a vedere quelle cose, che potessero dare alcuna satisfazione a me medesimo e potessero partorirme qualche nome appresso la posterità”. La “Relazione del primo viaggio intorno al mondo” è configurata come un lungo resoconto indirizzato “a l'illustrissimo ed eccellentissimo signor Filippo de Villers Lisleadam, inclito Gran Maistro di Rodi”. Un resoconto strutturato come un reportage socio-geografico, come peraltro ben si evince dal titolo originale “Notizie del Mondo nuovo con le figure dei paesi scoperti”. Un documento di un’importanza enorme nella storia delle scoperte e della navigazione, sebbene di certo non brilli per meriti prettamente letterari: lo stile è infatti molto didascalico e poco scorrevole. È inoltre molto ripetitivo, soprattutto nelle descrizioni dei vari popoli indigeni, per i quali l’autore usa spesso i medesimi termini, generando alla lunga una sorta di cantilena (“Questi populi vanno nudi come li altri”; “Vanno nudi come li altri”; “Questi popoli de Pulaoan vanno nudi come li altri”…). Vengono descritti molti usi locali, a volte curiosi, altre raccapriccianti, come quello che impone alle donne di Giava di bruciarsi vive alla morte del marito: “quando uno uomo de li principali de Giava Maggiore muore, se brucia lo suo corpo: la sua moglie più principale adornasi con ghirlande de fiori e fassi portare da tre o quattro uomini sovra uno scanno per tutta questa villa, e ridendo e confortando li suoi parenti, che piangono, dice: non piangete, perciò [che] me ne vado questa sera a cenare col mio marito e dormire seco in questa notte. Poi è portata al fuoco, dove se brucia lo suo marito, e lei voltandosi contro li suoi parenti e confortandoli una altra fiata, se getta nel fuoco, ove brusa lo suo marito. E se questo non facesse, non saria tenuta donna da bene, nè vera moglie del marito morto”. Non mancano i racconti “piccanti” delle abitudini sessuali degli indigeni, alcune per il vero parecchio bizzarre e singolari. Il documento è sicuramente interessante, anche se a volte un po’ faticoso da seguire per l’italiano vetusto, del ‘500, di Pigafetta.
Ean / Isbn
978888455169
Pagine
418
Data pubblicazione
01/12/1999