Anatole France, nel suo «Lys Rouge», così fa parlare la raffinata miss Bell in vista del paesaggio fiorentino: «Guardate e riguardate ancora. Ciò che avete di fronte è unico al mondo. In nessun’altra parte la natura è a tal punto sottile, elegante, fine. Il Dio che fece le colline di Firenze era un artista. Oh! Egli era orafo, incisore di medaglie, scultore, fonditore di bronzo e pittore, era un Fiorentino. Non ha fatto che questo al mondo. Il resto è fatto con mano meno delicata, con un lavoro meno perfetto. Come volete voi che quella collina violetta di San Miniato, di rilievo così preciso e puro, sia opera dell’autore del Monte Bianco? Non è possibile. Questo paesaggio, darling, ha la bellezza di una medaglia antica e di una pittura preziosa. Esso è una perfetta opera d’arte». Ecco due chiavi fondamentali per capire «il bel paese d’Arno». La prima è «l’artisticità» del paesaggio toscano arrivato in gran parte intatto fino a noi e pazientemente costruito attraverso i secoli da generazioni di muratori, di scalpellini, di mezzadri, di boscaioli, di giardinieri. L’altra è la corrispondenza ancora oggi percettibile fra le forme e i colori dell’arte e le forme e i colori della natura. E' l'ultima verifica, quella più importante. Dall'aereo osservatorio degli Uffizi vedremo che il museo esce dai suoi confini, dilaga nella piazza e nelle strade, si trasforma in statue di bronzo e di marmo, innerva di nitido rigore l'immagine della città. Capiremo che in Toscana, come in un gioco degli specchi, la bellezza insegue la bellezza.