Ci sono degli uomini di teatro i quali, al culmine della loro carriera o già volti verso un glorioso tramonto, decidono di affrontare un testo impossibile... vogliono lottare con qualcosa di veramente grosso: una montagna inscalabile e magari non mai scalata davanti alla quale possono trovarsi davanti ad un atteggiamento di attonito stupore... E adesso abbiamo Vittorio Gasmann che pubblica la sua versione teatrale del "Moby Dick" di Herman Melville prima di metterlo in scena in occasione delle Colombiane... Queste due cose immense, la Balena e il Mare, oltre alla terza , "quell'altro mare che è la Scrittura" (Borges), sembrano non bastare a Gasmann, il quale vi aggiunge il personaggio di Ulisse: non l'eroe dell'immanenza dell'"Iliade" e dell'"Odissea"..., ma l'eroe della trascendenza il quale vuol saltare fuori dal calderone in cui ha vissuto le sue stupende avventure ed esplorarne le parti esterne, il contenitore del contenuto: l'Ulisse dantesco il quale va oltre le colonne d'Ercole e muore nello sforzo sovrumano e blasfemo di conoscerne l'inconoscibile... Non c'è dubbio che questo è scrivere, che questo è tradurre... Con un materiale di base di questa vivacità, Gasmann parte da una posizione forte nel suo ambizioso progetto”. Dalla Prefazione di Guido Almansi.